La nuova direttiva 2024/825/Ue, anche se dovrà essere recepita dall’ordinamento dei Paesi membri entro il 27 settembre 2026, segna già alla sua promulgazione un importante passo avanti e, conseguentemente, viene a costituire un benchmark per quel che riguarda il più che emergente tema del greenwashing.
Si legge infatti nel testo: “che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione”.
Un sottotitolo che è in pratica un vero e proprio programma e quasi una dichiarazione di guerra al greenwashing.
In merito infatti la direttiva presenta una (lunga) lista di comportamenti che dovranno essere inseriti nelle singole legislazioni nazionali in quanto “considerati in ogni caso sleali” configurandosi come ingannevoli e fuorvianti poiché volti a sottolineare, ai consumatori, caratteristiche “sostenibili” dei servizi o dei prodotti promossi senza un vera e propria corrispondenza nei fatti e nella realtà.
Senz’altro si tratta di un restringimento della vasta prateria in cui si è, sinora, mosso chi non crede realmente nella svolta green e, se ci crede, non ha comunque compreso che è un’assunzione di responsabilità che riverbera su tutto l’orizzonte dell’impresa. Inoltre il testo è molto “self explaining” quindi è ipotizzabile un suo richiamo sin d’ora come orientamento in sede giurisdizionale.
In realtà si tratta di un pieno raccordo con il concetto della sostenibilità nella sua accezione più ampia (ESG) visto che l’obiettivo della direttiva è quello di “contrastare le pratiche commerciali sleali che ingannano i consumatori e impediscono loro di compiere scelte di consumo sostenibili, quali le pratiche associate all’obsolescenza precoce dei beni, le asserzioni ambientali ingannevoli («greenwashing»), le informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti o delle imprese degli operatori economici o i marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili“.
Come è chiaro si punta a definire anche aspetti relativi ad impegno sociale e corporate social responsibility e tradimento delle aspettative dei consumatori che in Italia hanno occupato e occupano le cronache e fanno anche il pieno di ascolti.
Last but not the least: c’è un preciso intervento su marchi e alle certificazioni, in qualche caso assolutamente autoprodotti e autoreferenziali e conseguentemente non attendibili.
Si legge ancora nella direttiva che “La garanzia che le asserzioni ambientali sono eque, comprensibili e affidabili consentirà agli operatori economici di operare su un piano di parità e permetterà ai consumatori di scegliere prodotti che siano effettivamente migliori per l’ambiente rispetto ai prodotti concorrenti. Sarà così incoraggiata la concorrenza conducendo a prodotti più ecosostenibili, con conseguente riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente“.
Quindi con la contemporanea garanzia di una corretta concorrenza tra imprese impegnate nel campo della sostenibilità.
La recente direttiva è quindi collegata, come si è detto, alla 2005/29/Ce cui va ad apportare una serie di innovazioni e a modificarne la precedente declinazione inserendo un focus specifico (e definito) in materia ambientale e di sostenibilità nell’accezione già menzionata in precedenza destinato a coordinarsi con le categorie: ingannevole e aggressiva già presenti.
Non va sottovalutato il fatto che più le pratiche stigmatizzate siano predefinite e più è leggero l’onere probatorio a carico del consumatore sia egli o meno rappresentato da un’associazione se non addirittura si ha un’inversione di tale onere.
Un passo avanti importante che si collega alla coeva CSRD in materia di sostenibilità per la quale, entro il prossimo luglio, tra gli altri aspetti toccati, verrà recepito l’obbligo per le aziende tenute al bilancio di sostenibilità di presentare un unico documento con bilancio finanziario e piano di sostenibilità.
Una innovazione che sancisce l’importanza dell’impegno nel campo della sostenibilità (che è ormai un concetto piuttosto dilatato) che, a sua volta, esprime il livello di responsabilità dell’impresa e del management e che, ancora, va ad influire sulla reputation dell’azienda attribuendo a questo complesso di immagine e opinioni costruite, curate e che la riguardano un valore economico in senso vero e proprio e ancor più di prima.
Tornando alla recente direttiva in breve si tratterà di greenwashing (e quindi di pratica ingannevole) oltre alle informazioni in genere false e non veritiere (che resta come criterio) nel caso si diffondano informazioni false o furovianti su:
1) Caratteristiche ambientali (greenwashing).
2) Caratteristiche sociali (socialwashing).
3) Caratteristiche di circolarità,
4) Caratteristiche di durabilità.
5) Caratteristiche di riciclabilità.
6) Metodo di fabbricazione.
7) Modalità di consegna.
8) Provenienza geografica
9) Impegni ambientali riferiti al clima ( qui i criteri sono dettati criteri specifici come mancanza di chiarezza, oggettività, pubblica evidenza, verificabilità).
In particolare per questo tipo di impegni viene operato anche un preciso riferimento alla necessità che le iniziative siano (oltre che dotate delle caratteristiche di cui sopra) anche inserite in un progetto dettagliato con obiettivi e risultati misurabili e relativo timing, budget e verifica di un terzo indipendente e la messa a disposizione dell’attuato e del progetto a favore dei consumatori.
10) Formulare un’asserzione ambientale generica per la quale l’operatore economico non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all’asserzione.
11) Pubblicizzare come vantaggiosi per i consumatori elementi irrilevanti.
12) Esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche.
13) Presentare requisiti imposti per legge sul mercato dell’Unione per tutti i prodotti appartenenti a una data categoria come se fossero un tratto distintivo dell’offerta dell’operatore economico.
14) Formulare un’asserzione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso o l’attività dell’operatore economico nel suo complesso quando riguarda soltanto un determinato aspetto del prodotto o uno specifico elemento dell’attività dell’operatore economico.
15) Asserire, sulla base della compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra.
Questo è un elenco composito che deriva dalle premesse della direttiva in esame in combinato disposto con gli articoli direttamente modificati e integrati con il testo invariato e con un richiamo al precedente allegato della direttiva 2005/29.
Interessante la considerazione in merito ai beni che sono presentati come durabili e che tali non sono con ovvie conseguenze sul volume di rifiuti (spesso speciali) prodotti. In questo contesto si fa riferimento anche al dovere di aggiornare i software eventualmente necessario per permetterne i funzionamento e il mancato aggiornamento comporta la necessità di smaltire il bene per acquistarne altro pur essendo sostanzialmente in presenza di un problema di software risolvibile.
Vediamo ora in dettaglio quali sono i casi presi in considerazione dal Legislatore Europeo e le precisazioni effettuate rispetto al testo precedente della direttiva 2005/29 notando che già le nuove definizioni inserite corrispondono ad un orientamento estremamente preciso e significativo.
Riportiamo alcune parti non toccate dall’innovazione, ma importanti per permettere la migliore comprensione della portata della definizione della lista di comportamenti non ammessi e introdotti dalla recente direttiva. Anche testo invariato infatti viene a subire un rafforzamento e una chiarificazione alla luce delle nuove norme e specificazioni oltre a definire la portata di queste ultime.
Nuove pratiche considerate azioni ingannevoli (ex art 6 direttiva 2005/29 così come modificata dalla direttiva 2024/825):
1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: (testo invariato)
“le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, le caratteristiche ambientali o sociali, gli accessori, gli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;“
“È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti: “(testo invariato)
“d) la formulazione di un’asserzione ambientale relativa a prestazioni ambientali future senza includere impegni chiari, oggettivi, pubblicamente disponibili e verificabili stabiliti in un piano di attuazione dettagliato e realistico che includa obiettivi misurabili e con scadenze precise come pure altri elementi pertinenti necessari per sostenerne l’attuazione, come l’assegnazione delle risorse, e che sia verificato periodicamente da un terzo indipendente, le cui conclusioni sono messe a disposizione dei consumatori;“
“e) la pubblicizzazione come vantaggi per i consumatori di elementi irrilevanti che non derivano dalle caratteristiche del prodotto o dell’impresa.;“
Articolo 7
Omissioni ingannevoli
1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. (testo invariato)
“Quando l’operatore economico fornisce un servizio di raffronto fra prodotti e comunica al consumatore informazioni sulle caratteristiche ambientali o sociali o sugli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità, dei prodotti o dei fornitori di tali prodotti, sono considerate rilevanti le informazioni sul metodo di raffronto, sui prodotti raffrontati e sui fornitori di tali prodotti, così come sulle misure predisposte per tenere aggiornate le informazioni.“;
ALLEGATO I PRATICHE COMMERCIALI CONSIDERATE IN OGNI CASO SLEALI
Pratiche commerciali ingannevoli
1) Affermazione, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta, ove egli non lo sia. (testo invariato)
2) Esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione. (testo invariato)
2 bis) Esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche.
3) Asserire che un codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura, ove esso non la abbia. (testo invariato)
4) Asserire che un professionista (incluse le sue pratiche commerciali) o un prodotto è stato approvato, accettato o autorizzato da un organismo pubblico o privato quando esso non lo sia stato o senza rispettare le condizioni dell’approvazione, dell’accettazione o dell’autorizzazione ricevuta. (testo invariato)
4 bis Formulare un’asserzione ambientale generica per la quale l’operatore economico non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all’asserzione.
4 ter) Formulare un’asserzione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso o l’attività dell’operatore economico nel suo complesso quando riguarda soltanto un determinato aspetto del prodotto o uno specifico elemento dell’attività dell’operatore economico.
4 quater) Asserire, sulla base della compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra.»;
5) Invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta dal prodotto e al prezzo offerti (bait advertising ovvero pubblicità propagandistica). (Invariato)
10) Presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista (testo invariato)
«10 bis) Presentare requisiti imposti per legge sul mercato dell’Unione per tutti i prodotti appartenenti a una data categoria come se fossero un tratto distintivo dell’offerta dell’operatore economico.»;
«23 quinquies) Non informare il consumatore del fatto che un dato aggiornamento del software inciderà negativamente sul funzionamento di beni che comprendono elementi digitali o sull’uso del contenuto digitale o dei servizi digitali.
23 sexies) Presentare come necessario un aggiornamento del software che si limita a migliorare alcune caratteristiche di funzionalità.
23 septies) Qualsiasi comunicazione commerciale relativa a un bene contenente una caratteristica introdotta per limitarne la durabilità, nonostante le informazioni sulla caratteristica e sui suoi effetti sulla durabilità del bene siano a disposizione dell’operatore economico.
23 octies) Asserire falsamente che, in condizioni d’uso normali, il bene presenta una determinata durabilità in termini di tempo o intensità d’uso.
23 nonies) Presentare il bene come riparabile quando non lo è.
23 decies) Indurre il consumatore a sostituire o reintegrare materiali di consumo del bene prima di quanto sarebbe necessario per motivi tecnici.
23 undecies) Non informare che la funzionalità di un bene sarà compromessa dall’utilizzo di materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale, o asserire falsamente che tale compromissione si verificherà.».
Inoltre la direttiva inserisce nuove definizioni ufficiali che pure influiranno sulla produzione normativa e sulla sua successiva interpretazione:
Asserzione ambientale.
“Nel contesto di una comunicazione commerciale, qualsiasi messaggio o rappresentazione avente carattere non obbligatorio a norma del diritto dell’Unione o nazionale, in qualsiasi forma, compresi testi e rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche, quali marchi, nomi di marche, nomi di società o nomi di prodotti, che asserisce o implica che un dato prodotto, categoria di prodotto, marca o operatore economico ha un impatto positivo o nullo sull’ambiente oppure è meno dannoso per l’ambiente rispetto ad altri prodotti, categorie di prodotto, marche o operatori economici oppure ha migliorato il proprio impatto nel corso del tempo;
Asserzione ambientale generica
“Qualsiasi asserzione ambientale formulata per iscritto o in forma orale, anche attraverso media audiovisivi, non inclusa in un marchio di sostenibilità e la cui specificazione non è fornita in termini chiari ed evidenti tramite lo stesso mezzo di comunicazione“.
Marchio di sostenibilità.
“Qualsiasi marchio di fiducia, marchio di qualità o equivalente, pubblico o privato, avente carattere volontario, che mira a distinguere e promuovere un prodotto, un processo o un’impresa con riferimento alle sue caratteristiche ambientali o sociali oppure a entrambe, esclusi i marchi obbligatori richiesti a norma del diritto dell’Unione o nazionale“.
Sistema di certificazione
“Un sistema di verifica da parte di terzi che certifica che un prodotto, un processo o un’impresa è conforme a determinati requisiti, che consente l’uso di un corrispondente marchio di sostenibilità e le cui condizioni, compresi i requisiti, sono accessibili al pubblico e soddisfano i criteri seguenti:
i) il sistema, nel rispetto di condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie, è aperto a tutti gli operatori economici disposti e in grado di conformarsi ai suoi requisiti;
ii) i requisiti del sistema sono elaborati dal titolare dello stesso in consultazione con gli esperti pertinenti e i portatori di interessi
iii) il sistema stabilisce procedure per affrontare i casi di non conformità ai requisiti del sistema e prevede la revoca o la sospensione dell’uso del marchio di sostenibilità da parte dell’operatore economico in caso di non conformità ai requisiti del sistema;
iv) il monitoraggio della conformità dell’operatore economico ai requisiti del sistema è oggetto di una procedura obiettiva ed è svolto da un terzo la cui competenza e la cui indipendenza sia dal titolare del sistema sia dall’operatore economico si basano su norme e procedure internazionali, dell’Unione o nazionali;”.
Eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali
“prestazioni ambientali conformi al regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (*), a un sistema nazionale o regionale di assegnazione di marchi di qualità ecologica di tipo I in conformità della norma EN ISO 14024, ufficialmente riconosciuto negli Stati membri, oppure conformi alle migliori prestazioni ambientali ai sensi delle altre disposizioni applicabili del diritto dell’Unione;”.
Durabilità
La durabilità quale definita all’articolo 2, punto 13, della direttiva (UE) 2019/771;
Aggiornamento del software
Un aggiornamento necessario per mantenere conformi alla direttiva (UE) 2019/770 del Parlamento europeo e del Consiglio (**) e alla direttiva (UE) 2019/771 i beni comprendenti elementi digitali, contenuti digitali e servizi digitali, compreso un aggiornamento di sicurezza, oppure un aggiornamento delle funzionalità;
v) “materiali di consumo”: componente di un bene che giunge ad esaurimento ricorrentemente e che deve essere sostituito o reintegrato affinché il bene funzioni come previsto;
w) “funzionalità”: la funzionalità quale definita all’articolo 2, punto 9, della direttiva (UE) 2019/771.;